A Review in Lingua Italiana

Athos Enrile has written a Review of SubTerraMachIneA.
Mille Grazie! Here is the Italian Text. Translate with Google Translate

Gerd Weyhing ‎- “SubTerraMachIneA”
Dicembre 2018

Etichetta:
Not On Label ‎– none
Formato:
CD, Album, Digitale
Paese:
Germany
Uscita:
07 Dec 2018
Genere:
Jazz, Rock
Stile:
Prog Rock, Psychedelic Rock, Minimal, Classic Rock

“Questo lavoro è influenzato da Mike Oldfield, Steve Reich e Robert Fripp…”

Con questa chiosa il musicista tedesco Gerd Weyhing mi ha incuriosito, un artista che non conoscevo e di cui si possono leggere le note biografiche nell’ultima parte di articolo.
Dal momento che Weyhing afferma di non aver mai ricevuto commenti al suo lavoro in lingua italiana, presumo che sia sconosciuto al grande pubblico nostrano e quindi, avendone la possibilità, propongo anche l’ascolto dell’album costituito da tre lunghi brani, la cui somma temporale raggiunge i 67 minuti. Notevole.

“SubTerraMachIneA” è un album totalmente strumentale, e quindi risulta prezioso il breve commento dell’autore che, per ogni brano, giustifica il titolo e ci regala l’ispirazione creativa, tra fatti concreti e allegorie.
Va da sé che l’interpretazione soggettiva del fruitore esterno resta sacra e rappresenta uno degli obiettivi da raggiungere, ma conoscere l’opinione di chi ha visto/sentito scoccare la scintilla può condurre ad una stimolante comparazione di stati d’animo.
La musica di Gerd Weyhing è… avvolgente, o almeno lo è quella che delinea questo progetto – l’unico al momento da me conosciuto -, un disco che ha avuto una lunga gestazione, iniziato nel novembre del 2013 e terminato nel dicembre del 2018.

La lezione dei maestri a cui Weyhing fa riferimento ad inizio articolo si dipana nel corso del primo giro di giostra, e mette in evidenza la forte necessità di minimalismo espositivo che si nutre di know how elettronico e di gioco spinto della ripetizione, un utilizzo di loop e soluzioni ripetute che sposano le atmosfere ambient che immagino siano figlie dei luoghi e delle situazioni in cui l’autore è nato e cresciuto, spazi che forniscono spunti che, ne sono certo, trascendono la materia.

Dopo aver letto la sua biografia mi sono fatto l’idea che il tipo di cultura di Weyhing abbia trovato consolidamento attraverso esperienze trasversali e approfondite, non focalizzate su un solo aspetto, e quando si possiede il talento e lo studio per poter spaziare a piacimento, spesso la soluzione è a portata di mano, un “Rasoio di Occam” che porta ad una rapida selezione, quella che indirizza verso la via più semplice, quella in cui ci si trova maggiormente a proprio agio.

Il disco mi piace, ho apprezzato la genuinità e lo sforzo di ricerca, e il fare riferimento alle conoscenze pregresse non significa copiare ma, ed è questo un caso limpido, trarre indicazioni per migliorarsi.
Devo anche dire che le parole di Weyhing legate ad ogni singolo brano mi hanno permesso di trovare con lui una buona sintonia, e il suo racconto è diventato improvvisamente il mio.
Ma credo che “SubTerraMachIneA” potrebbe colpire d’istinto, senza alcuna delucidazione.
Lo propongo quindi in toto, per condividere con il potenziale lettore una musica che non può lasciare indifferente.

In una scala da 1 a 10, il mio gradimento personale determina un bell’8, ma è possibile che successivi ascolti possano migliorare il mio giudizio.
Ecco cosa mi ha detto Gerd Weyhing a proposito delle tracce dell’album…

The Tree

<<“L’albero” da cui ho tratto ispirazione è una quercia gigante di circa 300 anni, martoriata nel 1994 in modo da farla morire lentamente, perché metà dei vasi che servono per il trasporto dell’acqua, dalle radici verso l’alto, furono tagliate consciamente, da qualcuno che sapeva quello che stava facendo. Alla fine, nel 2011, l’albero è morto, mai suoi resti sono ancora lì a ricordare un atto deprecabile. Nessuno ha mai scoperto chi abbia compiuto tale gesto e il perché.>>

Clockwork for Uncertain Times

<<“Clockwork for Uncertain Times” è un orologio incerto, a volte più grande e a volte più piccolo della vita stessa – almeno come la immaginiamo – un percorso di cui il misuratore del tempo diventa metafora.>>

Silence and Ecstasy

Un po’ di storia dell’autore

Gerd Weyhing è un compositore e musicista tedesco che si muove in area Progressive Rock e Ambient, descrivendo paesaggi sonori attraverso la musica elettronica.
Vive e lavora in un piccolo e tranquillo villaggio in Germania, Palatinate Forest, in una regione di bassa montagna situata nella Renania, in una sorta di parco naturale.
Fin dalla prima infanzia si appassiona a vari strumenti, tra cui la fisarmonica, il clarinetto e l’organo. Inizia a suonare la chitarra all’età di 14 anni e dal quel momento non si separa più dallo strumento.
Recentemente si è spinto verso la 12 corde arrivando a qualcosa simile al Chapman Stick, ed ha anche perlustrato il mondo delle percussioni.
Le sue ispirazioni includono i Beatles, Mike Oldfield, King Crimson, Gentle Giant, Genesis, Magma, Hedningarna, Klaus Schulze, Steve Reich, Nik Bärtsch’s Ronin, e recentemente si è avvicinato al Progressive Rock italiano degli anni ’70.
All’età di diciotto anni incomincia a comporre pezzi lunghi e complessi, con ritmi e metriche insolite, come “Sutherland”, suddiviso in 4 parti, la cui registrazione iniziò nel 2013.
Mentre si trovava nelle Highlands scozzesi conobbe Morris Pert (Brand X) che viveva in quel luogo, e con lui realizzò lunghe sessioni musicali, purtroppo mai registrate.
Negli anni ’90 è stato chitarrista, cantante e scrittore nella band progessive “Brightness Falls”, dal nome di una canzone di Robert Fripp e David Sylvian. La band si sciolse dopo pochi anni e i “resti” formarono i “B4 Sunrise” (Reinhold Krämer, Wolfgang Bechtluft e Michael Brückner ecc.).
Dopo aver cercato per molti anni di trovare un modo convincente di fare musica dal vivo come solista, scopre il software Ableton Live, e da un paio d’anni è in grado di realizzarsi in forma autarchica, suonando la chitarra con alcuni effetti dispositivi (loop, delate, ecc.) insieme a ciò che il software ha da offrire, gestendo l’arte di fondere sempre meglio il Guitar World e la Elettronica.
Con questo concetto, a partire dal 2012, ha iniziato a suonare dal vivo molto più spesso, soprattutto in Germania.
Il suo CD “The Hidden Symmetry”, registrato dal vivo nel dicembre 2011, è stato accolto bene dalla critica mentre il doppio CD “Journeys to Imposible Places” propone le migliori registrazioni dal vivo del 2013.
Gerd Weyhing raggiunge il terzo posto nella categoria “Nuove scoperte 2013” alle Schallwelle Award Elections.
Un ritorno alle radici fatto di composizioni strumentali lunghe e complesse, lo conduce al Prog-Rock-Album “SubTerraMachIneA” (2018).
Al momento Weyhing sta lavorando su un complesso setup live strumentale di 67 minuti (la durata dell’album), e su alcune tracce influenzate dal prog italiano, e sta componendo nuova musica nei settori di Minimal, Electronics e Progressive Rock.
Saranno molti i musicisti che lo aiuteranno nel percorso!

Tracklist:

  1. The Tree 30:22
  2. Clockwork for Uncertain Times 24:20
  3. Silence and Ecstasy 12:20

Collegamenti Web
Musica https://gerdski.bandcamp.com
Info: https://www.gerdski.de
Video: https://www.youtube.com/

Contatti:
Gerd Weyhing
Hauptstr. 40
D-76857 Rinnthal
Posta elettronica: woyng@woyng.com

Credits:
Basso, batteria, chitarra elettrica, tastiere- Gerd Weyhing
Artwork – Gerd Weyhing
Composizioni – Gerd Weyhing
Note di copertina – Gerd Weyhing
Mixaggio – Gerd Weyhing
Produzione – Gerd Weyhing
Registrazione – Gerd Weyhing



Review en francais of SubTerraMachIneA by Prog Censor

Centurion of the Belgian Prog Magazine Prog Censor wrote a review about SubTerraMachIneA. Read it on the original page or here:

Gerd Weyhing
SubTerraMachIneA
musique progressive et sérielle – 67’09 – Allemagne ‘19
Après s’être exercé à la méthode du frippertronic (boucles sonores pratiquées par Robert Fripp), Gerd Weyhing propose, avec ce «SubTerraMachIneA», une nouvelle œuvre instrumentale dont les prémices débutèrent fin 2013 avec l’élaboration du titre «The Tree». Ce long morceau (30 minutes), qui évoque la douloureuse agonie d’un chêne trois fois centenaire auquel on coupa le système d’irrigation du tissu xylémique afin que l’arbre se meure à petit feu, évolue dans le canevas d’une musique à la fois progressive et répétitive. Thèmes et boucles en échos enchevêtrés, en progression instrumentale, qui rappellent parfois le Mike Oldfield d’«Incantations» et d’«Amarok». Et même si l’architecture et l’orchestration, un peu fouillis, ne permettent pas toujours d’adhérer complètement à la démarche de l’artiste, nous avons là une fresque musicale qui ricoche au mieux sur l’histoire contée. Certes perfectible, ce «The Tree» reste donc une belle entrée en matière à laquelle il manque sans doute un peu de fougue aux moments opportuns. Nous sommes en présence d’un musicien fouineur qui n’a de cesse de nourrir sa musique, et ceci se confirme avec le deuxième titre, «Clockwork for Uncertain Times». Long de 24 minutes, il nous plonge dans une ambiance un peu différente. En effet plus expérimentale, cette composition, à l’instar des engrenages du temps qu’elle veut décrire, fait songer au Art Zoyd de «Marathonnerre» et du «Mariage du Ciel et de la Terre». Une évolution polyrythmique entêtante dont le balancier nous entraîne, tel un mécanisme inéluctable au gré d’un voyage temporel articulé de sonorités captivantes et répétitives. Cette allégorie de la flèche du temps, cyclique, à l’entropie incertaine, est sans doute la pièce la plus réussie de l’album. Je pense que Gerd Weyhing tient là quelque chose de particulier…
L’album se termine sur «Silence and Ecstasy» qui illustre un parcours de 30 km effectué en VTT au travers d’un paysage vallonné. Mis à part une instrumentation parfois bancale (la basse), le morceau tient la route (c’est préférable en VTT) et évolue, après une introduction planante, sur quelques frippertronics et autres arabesques guitaristiques. Ajoutons aussi certaines digressions très légèrement jazzy (piano électrique) et parfois une touche sérielle qui évoque encore une fois certaines œuvres d’Oldfield… Voilà de quoi terminer en beauté un opus intelligent, travaillé, inventif mais auquel il manque parfois un peu d’équilibre et de rigueur instrumentale.
Centurion
3/5

Merci Beaucoup Centurion!